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ORIGINI

La storia degli Arbëreshë (italo-albanesi) inizia in Albania, loro terra di origine.
Gli Skipetarë (albanesi d'Albania) hanno un'origine che si perde nel tempo, anche a causa della mancanza di una tradizione scritta, che risale ad appena due secoli or sono.
Lo stesso si può dire della loro lingua.
Alcuni studiosi sono concordi nell'affermare che la lingua albanese abbia origine dal ceppo indo-europeo, ma non sono concordi circa la sua evoluzione.
Alcuni affermano che la lingua albanese derivi dalla lingua dei Traci, altri che sia stata influenzata dalla lingua degli Illiri. Il fatto straordinario è che nessuna delle lingue indoeuropee odierne abbia affinità con l'albanese.
Pietro Tassini, ambasciatore della Repubblica di Venezia, nel 1455 affermava:
"Gli Skipetarë sono un popolo che conserva intatte le tradizioni dei loro antenati, un popolo orgoglioso ed assettato di libertà".
Gli albanesi sono stati sempre un popolo stabile e conservatore e sono riusciti a sopravvivere grazie alla costellazione orografica dell'Albania, circondata da catene montuose alte più di due mila metri.
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MIGRAZIONI
PAESI ALBANESI DELL'ITALIA MERIDIONALE
CALABRIA

- Aquaformosa (CS)
- Castroregio (CS)
- Cavallerizzo (CS)
- Cerzeto (CS)
- Civita (CS)
- Eianina (CS)
- Falconara Albanese (CS)
- Farneta (CS)
- Firmo (CS)
- Frascineto (CS)
- Lungro (CS)
- Macchia Albanese (CS)
- Marri (CS)
- Plataci (CS) - San Basile (CS)
- S. Benedetto Ullano (CS)
- S. Caterina Albanese (CS)
- S. Cosmo Albanese (CS)
- S. Demetrio Corone (CS)
- S. Giorgio Albanese (CS)
- San Martino di Finita (CS)
- Santa Sofia d'Epiro (CS)
- Spezzano Albanese (CS)
- Vacarizzo Albanese (CS)
- Caraffa di Catanzaro (CZ)
- Carfizzi (CZ)
- Pallagorio (CZ)
- San Nicola dell'Alto (CZ)
ABRUZZO
- Villa badessa (PE)
BASILICATA
- Barile (PZ)
- Ginestra (PZ)
- Maschito (PZ)
- S. Costantino Albanese (PZ)
- S. Paolo Albanese (PZ)
CAMPANIA
- Greci (AV)
- Ginestra degli Schiavoni (BN)
MOLISE
- Campomarino (CB)
- Montecilfone (CB)
- Portocannone (CB)
- Ururi (CB) PUGLIA
- Casalvecchio di Puglia (FG)
- Chieuti (FG)
- San Marzano (TA) SICILIA
- Contessa Entellina (PA)
- Palazzo Adriano (PA)
- Piana degli Albanesi (PA)
- Santa Cristina Gela (PA)
Le ondate migratorie degli albanesi verso l'Italia si verificarono a più riprese e furono otto.
Una consistente ondata migratoria si verificò nel 1448 sotto la guida di Demetrio Reres e determinò la fondazione dei paesi di Caraffa, Pellegorio, S. Nicola e Carfizzi vicino a Catanzaro e Piana degli Albanesi in Sicilia.
Nel 1461 Ferdinando I si trovò in difficoltà e chiese aiuto a Giorgio Castriota "Skanderbeg", eroe nazionale albanese che aveva combattuto e respinto l'invasione turca nel 1443.
Skanderbeg inviò un corpo di spedizione guidato dal nipote Coiro Stresio in aiuto a Ferrante I d'Aragona nella lotta contro Giovanni d'Angiò. Sbarcò nel 1461 a Barletta, vinse contro i baroni ribelli e ricevette in premio il Gargano, Trani e S.Giovanni Rotondo. Sorsero così i paesi italo-albanesi di Chieuti, San Marco in Lamis, Roccaforzata e Martignano.
Nel 1478 Krujia cadde sotto il dominio turco e determinò una nuova migrazione verso l'Italia, migrazione guidata da Giovanni Castriota, figlio di Scanderberg, verso i feudi di Soleto e Galatina nella penisola salentina. Queste popolazioni successivamente si trasferirono in Calabria e fondarono le comunità di San Demetrio, Macchia, San Cosmo, Vaccarizzo, San Giorgio, Santa Sofia, Spezzano e quasi tutte le altre comunità della provincia di Cosenza: 32 comunità italo-albanesi.
Oggi in Italia si contano 52 comunità di provenienza e cultura arbëresh, distribuite dall'Abruzzo alla Sicilia, per un totale di circa 100.000 abitanti.
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TOPOGRAFIA

La topografia dei paesi italo-albanesi è molto vicina alle città medievali e rispecchia l'ambiente sociale e le condizioni economiche del periodo in cui sorsero.
Le strade urbane sono molto strette, ad eccezione della strada principale (Udha madhë), che è ampia e rettilinea e divide il paese in due settori.
La maggior parte delle strade, private, servono per i pedoni; la strada principale, pubblica, è riservata al traffico cittadino. I paesi sono divisi in zone, dove confluiscono le strade private e in gjitonië (vicinato), spazio circoscritto da più case e luogo d' incontro dei vicini di casa.

L'architettura della maggior parte delle case è di tipo rurale, ad un solo piano rialzato, con seminterrato (Katoqi).
Le caratteristiche architettoniche di maggior rilievo sono:
All'esterno, il bajaturë, specie di balcone situato alla sommità della scala esterna in muratura; all'interno la vatra (focolare domestico), simbolo dell'unione familiare e luogo di ritrovo della famiglia.
Oggi l'architettura e l'urbanistica dei paesi italo-albanesi è cambiata e si è evoluta con i tempi: così, accanto alle abitazioni secolari, troviamo anche villini e palazzi a più piani.
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ELEMENTI ETNICI

Ne fanno fede modelli culturali che si rispecchiano ancora nei valori dell'Arbëresh attuale, quali la mikpritia (ospitalità), la ndera (onore), la besa (fedeltà), e la vellamja (fratellanza).
Questi valori, tramandati da padre in figlio, hanno ancora una loro funzione e si tramandano, più o meno intensamente, nelle comunità italo-albanesi, caratterizzandone la loro cultura.
Di questi valori, l'ospitalità è forse quella più sentita e caratterizza maggiormente la loro mentalità.

Il turista che visita queste comunità, al primo impatto li giudica diffidenti e circospetti, ma, non appena entra in contatto con loro, si accorge della loro franchezza e del loro, direi, quasi sacro senso dell'ospitalità.
Se uno sconosciuto d'improvviso si presenta in una casa arbëresh, viene subito trattato come uno di loro e gli viene fatto onore (nder).
Attualmente dell'etnos originario è rimasta la convinzione di sentirsi diversi dalla popolazione italiana e la lingua, che li contraddistingue dal resto della popolazione meridionale.
Negli ultimi decenni si è notato un notevole risveglio di queste comunità: si pubblicano riviste e giornali per far conoscere gli arbëreshë; è stata installata una emittente radiofonica per trasmettere musica, canzoni e cultura arbëresh; sono stati istituiti presso le scuole elementari e medie di queste comunità corsi di lingua albanese, ed anche l'Università della Calabria ha sposato questa causa.
Questo risveglio lo si nota anche nel folklore con manifestazioni che coincidono quasi sempre con il periodo pasquale, organizzando il festival della canzone arbëresh, la sfilata dei costumi tradizionali e soprattutto la vallja (danza).
Essa è nata per rievocare una vittoria militare di Giorgio Castriota Skanderberg contro gli invasori Turchi ed è una danza popolare ballata da giovani vestiti in costume arbëresh che avanzano in cerchio e sono guidati da due flamurtarë (portabandiera).
La vallja si snoda per le vie cittadine eseguendo canti epici, rapsodie tradizionali e canti augurali.
Il suo ritmo può essere lento nella danza delle donne o aggressivo nella vallja e burravet (la danza degli uomini), a ricordo della tattica di combattimento adottata da Skanderberg per catturare il nemico.
Attualmente la vallja si rievoca il lunedì di Pasqua soltanto nei paesi albanesi di Civita, Frascineto, Eianina e Firmo.
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IDIOMA

Il turista che visita queste comunità ha l'impressione di trovarsi in un paese estero e non in Italia, in quanto i suoi abitanti parlano una lingua diversa dall'italiano.
La lingua arbresh si tramanda in queste comunità con le caratteristiche del tosco o del ghego, a seconda della loro provenienza geografica dall'Albania: gli Albanesi provenienti dall'Albania meridionale parlano il tosco, quelli provenienti dall'Albania settentrionale il ghego.
Ho usato la parola "si tramanda" per sottolinearne l'aspetto più appariscente: la lingua attualmente in uso presso le comunità italo-albanesi è infatti soltanto una lingua parlata, tramandata oralmente da padre in figlio.
La lingua ufficiale delle relazioni interpersonali è l'italiano.
Ecco quindi che riscontriamo in dette comunità il fenomeno di un bilinguismo anomalo, che gli studiosi Galli C. Matilde e Harrison Gualtiero hanno definito "bilinguismo zoppo".
L'ipotesi è che gli italo-albanesi vivono una situazione di conflittualità derivante dalla non comunanza del codice di comunicazione italiano e del codice di comunicazione albanese.
Infatti gli italo-albanesi non possono parlare indifferentemente l'italiano o l'albanese, ma nelle manifestazioni ufficiali usano l'italiano, nelle relazioni private e comunitarie si esprimono nella loro lingua, ammettendo di fatto la sudditanza dell'albanese come lingua orale.
Accade così che quanto più un italo-albanese si eleva culturalmente e migliora la conoscenza dell'italiano, tanto più regredisce la conoscenza della propria lingua e di conseguenza ne risente la propria identità.
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CULTURA

Questo patrimonio culturale comprende quelle esperienze di vita che si tramandano da ben cinque secoli e determinano l'atteggiamento umano e sociale degli italo-albanesi.
La tradizione culturale arbresh è caratterizzata da una ricca tradizione orale e da una feconda tradizione scritta.
La tradizione orale, iniziata nel periodo del loro insediamento in Italia, comprende tre generi letterari: la pralla (fiabe), i vjershë (improvvisazioni poetiche) e le kalimere (canti religiosi)
La pralla aveva una funzione educativa e veniva usata dai genitori ma soprattutto dai nonni per educare, davanti al focolare domestico, la propria prole.
I vjershë erano delle autentiche improvvisazioni poetiche, dove l'animo popolare esprimeva la sua indole e cantava gli avvenimenti della vita di tutti i giorni.
Le kalimere infine erano dei canti religiosi, che esprimevano la religiosità semplice e la devozione genuina del popolo italo-albanese.
La tradizione scritta arbëresh è iniziata nel XVIII secolo presso le comunità albanofone dell'Italia meridionale ad opera di poeti e letterati quali: Giulio Variboba, Girolamo De Rada, Giuseppe Serembe, Damiano Mauro, Giuseppe Schirò e molti altri.

Questi letterati diedero vita alla cultura arbëresh, spronando i loro fratelli d'Albania ad uscire dal loro torpore e iniziarono una tradizione letteraria che dall'Italia si estese all'Albania.
Il Milosao, opera del De Rada, è stata la prima manifestazione della letteratura albanese scritta, ispiratrice del risorgimento albanese.
Anche il primo giornale albanese è stato redatto nelle comunità italo-albanesi, i quali possedevano già un'Università a San Benedetto Ullano e poi a San Demetrio Corone, quando in Albania non esistevano neppure le scuole elementari.
Attualmente c'è una rinascita della letteratura albanese sia nelle varie Università italiane sia nelle nostre comunità albanofone, dove emergono uomini illustri che con il loro impegno e la loro umiltà fanno conoscere al mondo la nostra cultura.
Vincenzo Belmonte è uno di questi studiosi, il quale, ultimamente, ha pubblicato un saggio critico sulla più vasta opera del De Rada "Skanderbeku i pafãn" su CD-ROM e la relativa traduzione in italiano.
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L'abito femminile, usato oggi solo in manifestazioni di folklore, era particolarmente sontuoso e ricco di ornamenti con rifiniture e decori anche in oro zecchino.
Esso era composto dalla kesa, ornamento a forma rettangolare, di seta rossa trapuntata in oro, che si poneva sulla nuca per reggere il velo lavorato tutto in oro.

Un altro elemento del vestito era una gonna rossa di tessuto a lamine d'oro ed ornata da un gallone al lembo, anch'esso in oro, raccolta in piccolissime pieghe verticali. Su questa gonna si vestiva la coha (ruota) identica alla prima e rialzata sul davanti.
Il petto era coperto da una camicetta bianca ornata da merletto, sopra la camicetta un bolerino azzurro trapuntato in oro con orlo gallonato.
Per adornare maggiormente gli abiti, le donne indossavano gioielli molto elaborati e aggraziati nel disegno.
Questi gioielli rappresentavano un vanto per la famiglia e la collettività e quindi venivano mostrati nel giorno delle nozze agli invitati e poi a tutto il paese.
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RELIGIONE E RITO

Le loro chiese all'esterno presentano diversi stili architettonici ma all'interno sono in stile bizantino, ricche di icone e di mosaici.
L'espressione liturgica è anch'essa bizantina; la lingua liturgica, fino a pochi anni or sono greca, è ora albanese.

Il turista che visita dette comunità ed entra in una chiesa italo-albanese si sente immerso nel cerimoniale e nella religiosità tipica dell'oriente.
La chiesa arbëresh è attualmente sotto la giurisdizione della Santa Sede, governata da due Eparchie: Lungro in Calabria e Piana degli albanesi in Sicilia.
L'elemento religioso in queste comunità non solo ha avuto una funzione di guida spirituale, ma è stato anche e soprattutto promotore di iniziative per la salvaguardia e la tutela del patrimonio culturale e tradizionale arbëresh.
Basti pensare alla storia e alla funzione dei due grandi centri culturali italo-albanesi: i collegi di

Questi collegi, a livello universitario, erano gestiti dal clero italo-albanese ed erano stati creati con lo scopo di formare i novelli sacerdoti; in seguito acquistarono sempre più un carattere laico e diventarono centri di cultura umanistica e centri di cultura arbëresh.
Da questi centri si formarono eminenti figure del Risorgimento italiano quali: Agesilao Milano,Gennaro Placco, Domenico Mauro e famosi letterati quali: Giulio Variboba, Girolamo De Rada, Giuseppe Serembe e tanti altri.
1 commento:
Do you have any information on Pietro Tassini?
That quote seems a little unlikely, as I am not aware the name Skiptar was used at that time to identify the Albanese. The name Skiptar as far as I know began to be used in the 17th century. Could you please share the source?
grazie
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